Uscire dall’egoismo con la “solidarietà educativa”

Mai come in questo difficile momento storico, la scuola si trova ad affrontare una sfida molto complessa che riguarda la sua stessa identità. Non deve assolutamente dimenticare che è un ambiente importante per la formazione della persona per cui non può e non deve tralasciare l'aspetto educativo e relazionale.   Proponiamo, a proposito, col permesso dell'autrice, una bella riflessione  tratta dal Blog "Istantanee di vita".

La stretta pandemica ha fatto emergere ancora più chiaramente come, tra le istituzioni, quella scolastica abbia urgenza di essere ripensata non solo a livello di risorse strutturali ma anche, e soprattutto, sotto l’aspetto puramente educativo e relazionale che ne costituiscono la base su cui costruire il tipo di uomo che, conseguentemente, ne viene fuori. Mai come in questo momento ci si sta rendendo conto di come atteggiamenti, scelte, parole e persino sguardi, necessitino di tornare a rimotivarsi a partire da una visione della persona umana che radichi la sua essenza in un terreno antropologico che non la veda più come “risorsa” o “strumenti economici” da sfruttare. Questa è stata, in effetti, l’idea su cui si è fondata tutta una concezione sociale e, di conseguenza, educativa che ha prodotto, per usare lo stesso tipo di terminologia di stampo economico, individui e non persone. E la differenza terminologica non è solo una sfumatura letteraria. L’egoismo dilagante e persistente è sotto gli occhi di tutti: scelte a partire da un “io” sprezzante che per nulla si preoccupa di un bene comune così a rischio come non mai. Abbiamo formato, per troppo tempo risorse economiche competenti e competitive, tralasciando di far emergere contemporaneamente, la ricchezza di umanità che avrebbe dovuto guidarne le scelte. Quella ricchezza che avrebbe dovuto alimentare la vita relazionale, culturale e, soprattutto, etica.

Credo sia giunto il momento opportuno di ripensare la scuola e ogni ente educativo che ribadisca a voce alta la vera essenza dei docenti, degli studenti e delle famiglie: l’essere soggetti attivi di una comunità che si costruisce attorno ad un bene comune che non lascia indietro nessuno. La pandemia ci ha dimostrato come il benessere economico di una nazione non si regge a lungo se le sue fondamenta sono immerse in un capitalismo individualistico e competitivo. Mai come ora è emerso che non ci si salva affatto da soli.

L’essenza direi genetica, della scuola e di ogni istituzione educativa, allora, deve ritornare alla sua vera radice: educare le persone nel renderle responsabili, aperte, creative e libere, così da poter essere protagoniste attive nella costruzione di una società migliore in cui nessuno sia più ridotto a una risorsa oggettivata, piegata a quelle che possono essere le richieste di un mercato globale e competitivo. Solo in questo modo restituiremo alla società in cui viviamo e di cui facciamo parte, la sua forza antropologica tanto necessaria e urgente per rinnovamento dall’interno che tutti noi desideriamo. Perché questo avvenga, è essenziale attivare ciò che a me piace chiamare “solidarietà educativa” e che papa Francesco ha indicato come “patto educativo globale”. Non più, cioè, liberi battitori in campo educativo ma uniti in una squadra che punta ad una vittoria comune.


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